Cos’è l’antimicrobial stewardship?

Il termine antimicrobial stewardship si riferisce ad una serie di interventi coordinati, che hanno lo scopo di promuovere l’uso appropriato degli antimicrobici e che indirizzano nella scelta ottimale del farmaco, della dose, della durata della terapia e della via di somministrazione.

Una gestione coordinata e multidisciplinare della terapia antimicrobica è ormai indispensabile nella cura delle infezioni, sia per raggiungere risultati clinici ottimali, sia per ridurre al minimo la tossicità e i potenziali eventi avversi correlati ai farmaci, i costi sanitari, la durata della degenza e per limitare la selezione di ceppi resistenti agli antimicrobici.

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Appare necessario adottare una strategia gestionale di “stewardship antimicrobica” che si basi su dati clinici ed epidemiologici locali, provenienti dalle realtà impegnate nella gestione delle infezioni da germi multi-drug resistant (MDR).
Pochissimi centri ospedalieri italiani hanno adottato programmi organici di “stewardship antimicrobica” che includa la definizione dell’appropriatezza delle terapie antibiotiche empiriche, i protocolli di gestione del paziente colonizzato o infetto da patogeni MDR, e la gestione post-dimissione ospedaliera.
Finora non sono stati attivati programmi standardizzati di stewardship antimicrobica di tipo multi-centrico e multi-regionale.
Uno dei pìù importanti scopi del progetto ALARICO è la definizione e la divulgazione di protocolli condivisi e multidisciplinari di antimicrobial stewardship, che includano:

  • La sorveglianza attiva del rischio di colonizzazione de novo da parte di patogeni MDR
  • Raccomandazioni sull’uso di molecole antimicrobiche, dosaggi, tempi e modi di somministrazione
  • Condivisione di esperienze e di dati, epidemiologici e clinici, tra i vari centri partecipanti al progetto.

Superbatteri

I super-batteri: ciò che non li uccide li fortifica!

Super-bugs, ovvero “super-batteri”. Vengono così definiti i microrganismi che stanno sviluppando resistenza alla maggior parte degli antibiotici esistenti.

Il fenomeno della resistenza batterica agli antibiotici è un problema mondiale, che sta causando sempre più rilevanti implicazioni cliniche e di salute pubblica.

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I batteri sono organismi semplici ma altamente specializzati ed hanno la capacità di adattarsi all’ambiente modificando il loro metabolismo ed acquisendo geni che permettono loro di diventare insensibili all’attività dei farmaci antimicrobici.

In “era pre-antibiotica” si rischiava di morire per una banale infezione come una ferita, la puntura di un insetto, o una polmonite.

Dagli anni ’50 in poi si è assistito ad una continua ed impetuosa produzione di antibiotici, e sono state introdotte nel mercato nuove classi di farmaci che hanno permesso una terapia sempre a più ampio spettro. La sintesi di nuovi farmaci antibiotici è andata, purtroppo, di pari passo con lo sviluppo di resistenze, sempre più complesse, da parte dei microrganismi.

Si sono ormai selezionati i cosiddetti “super-batteri”, ceppi ormai resistenti a quasi tutti (o in alcuni casi a tutti) gli antibiotici in commercio. Pochissime molecole nuove saranno disponibili nel prossimo futuro, causa di un ritardo della ricerca farmaceutica che non ha visto nella sintesi di nuovi antibiotici un’area di interesse prioritario.

“Bad bug, no drugs”. Cosa succederebbe se iniziasse “l’era post-antibiotica”?

Nel rapporto sulle conseguenze sociali e politiche dell’antibiotico resistenza di Jim O’Neill si stima che nel 2050 circa 10 milioni di persone al mondo moriranno per una infezione da germi resistenti agli antibiotici, superando i decessi per altre malattie altamente mortali come i tumori, il diabete e per incidenti (report di Jim O’Neill).

Se non avessimo a disposizione gli antibiotici non saremmo in grado di eseguire importanti interventi chirurgici, trapianti di organi o cellule staminali, non saremmo in grado di posizionare dispositivi medicali come pace-maker cardiaci, protesi valvolari, protesi ortopediche, o di praticare quelle manovre invasive diagnostico-terapeutiche che sono routinarie oggi.

I fattori determinanti per lo sviluppo della resistenza antimicrobica sono, da una parte, l’uso inappropriato in ambito medico e la pressione antibiotica selettiva esercitata in ambito comunitario e ospedaliero, e, dall’altra, l’uso massivo di antibiotici, ad esempio, nell’allevamento.

Si stima che fino al 50% delle prescrizioni antibiotiche siano inappropriate o in termini di indicazione o per il dosaggio e la durata della terapia.

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