La diagnosi di sepsi è una sfida, e a volte può essere molto difficile. Questo è dovuto all’ampia variabilità clinica con cui uno stato settico può presentarsi, dipendendo dal sito del focolaio infettivo, dal microrganismo coinvolto, dalle comorbidità pre-esistenti e dalle terapie assunte dal paziente.
La prima definizione di sepsi e shock settico, risale al 1992 con l’American College of Chest Physicians/Society of Critical Care (ACCP/SCCM) Consensus Conference Committee Report, ed era basata su 4 categorie diagnostiche:
- SIRS (Systemic Inflammatory Response Syndrome):
se presenti almeno due delle seguenti condizioni: Frequenza cardiaca >90 battiti al minuto; Temperatura corporea 38°C); tachipnea (>20 atti respiratori al minuto o paCO2 < 32 mmHg; leucopenia (GB < 4.000/mm³) o leucocitosi (GB >12.000/mm³) oppure un aumento superiore al 10% di forme immature di neutrofili - Sepsi: SIRS + infezione documentata o probabile
Sepsi grave: quando si ha la presenza di sepsi e ipoperfusione tissutale o evidenza di disfunzione d’organo (aumento dei lattati, alterazione dello stato di coscienza o oliguria) - Shock settico: una ipotensione indotta dalla sepsi persistente dopo adeguata rianimazione con fluidi
L’ipotensione indotta da sepsi era definita come una pressione sistolica di 40 mmHg o una diminuzione di almeno 2 deviazioni standard sotto il normale per l’età, in assenza di altre cause di ipotensione.
A questo primo tentativo di dare delle definizioni è universalmente riconosciuto il merito di aver creato una consapevoleza in ambito clinico, cercando inoltre una maggiore uniformità della letteratura scientifica. Tuttavia negli anni sono state mosse diverse critiche in ambito scientifico, soprattutto per quanto riguarda l’aspecificità della SIRS.
Dopo una prima revisione della definizione avvenuta nel 2001, che però ha avuto uno scarso impatto nel mondo scientifico, con il 2016, la SCCM insieme alla European Society of Intensive Care Medicine (ESCIM), ha avviato una Consensus Conference la quale, dopo 18 mesi di lavoro, ha pubblicato la terza edizione delle definizioni di Sepsi e Shock settico (Sepsis-3).
Le nuove linee guida 2016, pubblicate su JAMA, hanno lo scopo di rendere la diagnosi di sepsi immediata e quindi veloce. Con tali indicazioni si cerca di spostare l’attenzione diagnostica del clinico dalla infezione ad una disfunzione d’organo causata dall’infezione, eliminare la distinzione tra sepsi e sepsi grave e perfezionare la definizione di shock settico.
La sepsi viene ora definita come “una disfunzione d’organo, pericolosa per la vita, causata da una disregolata risposta dell’ospite alle infezioni”.
L’attenzione passa quindi dal riconoscimento dell’infiammazione, su cui si concentravano i criteri della SIRS (febbre, temperatura corporea, frequenza cardiaca) alla disfunzione d’organo. Questo perché, secondo gli Autori, mentre l’infiammazione evidenziata dalla SIRS è aspecifica e potrebbe addirittura rappresentare una risposta adeguata dell’organismo all’infezione, la comparsa di un’insufficienza d’organo è conseguenza invece di un processo abnorme dell’ospite, che arriva a danneggiare i suoi stessi tessuti.
La disfunzione d’organo è rappresentata da un incremento del SOFA score rispetto al valore di baseline ≥ a 2. Se questo non è noto, si assume che sia zero. Pazienti in questa categoria presentano una mortalità del 10% circa.
La Consensus Conference propone ora la seguente definizione per lo shock settico: “Lo shock settico è un sottoinsieme della sepsi, in cui le sottostanti anomalie circolatorie e metaboliche cellulari sono tali da aumentare la mortalità in maniera significativa”. In pratica, lo shock settico viene identificato nei pazienti in cui la sepsi si associa alla necessità di impiego di vasopressori per mantenere MAP ≥ 65 mmHg e a valori di lattato sierico ≥ 2 mmol/l.
Questa nuova definizione si focalizza su due aspetti fisiopatologici dello shock molto importanti: l’insufficienza circolatoria, che si manifesta con l’ipotensione, e l’alterazione del metabolismo cellulare, che si esprime con l’incremento della concentrazione sierica di lattati. Laddove non sia disponibile il dosaggio dell’acido lattico, gli Autori danno come alternativa l’impiego del capillary refill time.
Non è banale calcolare il SOFA score al di fuori delle Unità di Terapia Intensiva. Ricordiamo infatti che il SOFA (Sequential Organ Failure Assessment score) viene utilizzato per monitorare le condizioni di un paziente ricoverato in un reparto di terapia intensiva. Il SOFA è un sistema a punteggio per determinare l’entità della funzione d’organo di un paziente. Il punteggio finale si basa sulla valutazione di sei diverse categorie cliniche (sistema respiratorio, cardiovascolare, neurologico, coagulazione, funzione renale ed epatica).
Pertanto, gli Autori delle nuove linee guida propongono di utilizzare il quick-SOFA (o qSOFA), uno strumento pensato per l’identificazione rapida dei pazienti con sospetta infezione a rischio di evoluzione negativa (decesso o ricovero prolungato in rianimazione).
Il qSOFA è “positivo” se almeno due dei seguenti criteri sono soddisfatti:
- Frequenza respiratoria ≥ 22 atti/min
- Alterazione dello stato di coscienza
- Pressione arteriosa sistolica ≤ 100 mmHg
Nelle coorti di pazienti utilizzate per validarlo, il qSOFA è risultato positivo nel 25% circa dei pazienti; la mortalità è pari a circa l’ 1% per un punteggio pari a 0 e supera il 20% quando i punti sono 3. Questo score ha una performance migliore per predire la mortalità nei pazienti con infezione rispetto ai criteri SIRS e permette una semplice e precoce identificazione dei pazienti a maggior rischio di evoluzione negativa, ma non ha lo scopo di fare diagnosi nè di infezione nè di sepsi.
Citando gli Autori delle nuove linee guida, questo score “deve spingere il clinico a valutare la presenza di insufficienza d’organo, per avviare o potenziare la terapia, e per prendere in considerazione il trasferimento in Terapia Intensiva”.
Il mancato raggiungimento di due o più criteri del SOFA e del qSOFA non dovrebbe spingere a rimandare l’approfondimento o il trattamento di un quadro infettivo.
Il qSOFA non può essere considerato un test di “screening” per la sepsi e deve essere validato prospetticamente al fine di entrare nella pratica clinica.
Riferimenti bibliografici:
– Abraham E. New Definitions for Sepsis and Septic Shock: Continuing Evolution but With Much Still to Be Done. JAMA. 2016 Feb 23;315(8):757-759. doi: 10.1001/jama.2016.0290.
–Shankar-Hari M et al. Developing a New Definition and Assessing New Clinical Criteria for Septic Shock: For the Third International Consensus Definitions for Sepsis and Septic Shock (Sepsis-3). JAMA. 2016 Feb 23;315(8):775-787. doi: 10.1001/jama.2016.0289.
– Singer M et al. The Third International Consensus Definitions for Sepsis and Septic Shock (Sepsis-3). JAMA. 2016 Feb 23;315(8):801-810. doi: 10.1001/jama.2016.0287
– Jacob JA. New Sepsis Diagnostic Guidelines Shift Focus to Organ Dysfunction. JAMA. 2016 Feb 23;315(8):739-740. doi: 10.1001/jama.2016.0736.
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