Negli ultimi anni stiamo osservando un significativo aumento della resistenza antimicrobica, alla cui base vi sono molteplici, e spesso combinati, meccanismi enzimatici, che interessano un numero sempre crescente di microrganismi.
In passato veniva fornita una “lettura interpretativa dell’antibiogramma”, ma la lettura “automatica” non permette più di identificare adeguatamente i meccanismi di resistenza.
Batteri con più meccanismi di resistenza (che interessano la stessa classe o diverse classi di antibiotici) sono sempre più frequenti; in questo scenario la lettura automatica non offre informazioni complete e corrette sul fenotipo di resistenza e le difficoltà interpretative per il clinico sono sempre maggiori.
Un microrganismo può avere più di un meccanismo di resistenza, e tale resistenza può derivare da una o più mutazioni puntiformi dei geni bersaglio o dall’acquisizione di nuovi geni tramite plasmidi o trasposoni. Un meccanismo di resistenza può essere funzionale (e sempre espresso), o inducibile in presenza di un dato antibiotico (meccanismi difficili da rilevare in vitro). Se una resistenza verso un antibiotico emerge da una mutazione ad alta frequenza, c’è un rischio significativo che quella resistenza verrà selezionata durante una mono-terapia con la molecola in questione.
Gli unici metodi in grado di definire con precisione i meccanismi di resistenza sono quelli genotipici, ma, oltre ad essere metodiche costose e non disponibili in tutti i centri, sono di difficile applicazione nella pratica clinica e presentano comunque alcune limitazioni.
L’antibiogramma è il risultato di un test in cui viene saggiata, in vitro, la suscettibilità di un microrganismo a diversi antibiotici, testati in diverse concentrazioni. I test principalmente utilizzati sono: il metodo Kirby Bauer, la micro-diluizione in brodo (BMD) e l’ E-test. Il metodo Kirby-Bauer è una diffusione su disco, che prevede la misurazione in millimetri dei diametri di aloni di inibizione che si creano intorno ai dischi contenenti l’antibiotico testato; più spesso viene utilizzata la microdiluizione in brodo BMD (metodo che può essere automatizzato). L’E-test è un metodo manuale, eseguito su agar, usando un strisce di carta con un gradiente di concentrazione continuo di un dato antibiotico. Comunemente, però, per avere risultati di sensibilità rapidi e per saggiare un gran numero di test, come succede nei laboratori centralizzati, viene usato un sistema automatizzato, come, ad esempio, il Vitek2 (Biomerieux).
La microdiluizione in brodo, l’E-test e i sistemi automatizzati permettono di ottenere la minima concentrazione inibente (MIC), che è la più bassa concentrazione di antibiotico in grado di inibire la crescita in vitro di quel microrganismo, dopo 18-24 ore di incubazione. I diametri delle zone di inibizione (ottenuti con il metodo Kirbi-Bauer) e le MIC devono essere poi confrontati con dei breakpoint clinici, standardizzati per le diverse combinazioni organismo-antibiotico, al fine di ottenere i risultati di suscettibilità (sensibile, intermedio o resistente). I breakpoint clinici sono stabiliti da apposite commissioni, una presente in Europa (EUCAST) e una negli Stati Uniti (CLSI).
EUCAST: cos’è?
Nel 1997 Il Comitato Europeo per i test di suscettibilità antimicrobica (EUCAST) ha unificato i diversi standard precedentemente utilizzati, in sei paesi europei, per interpretare l’antibiogramma. EUCAST è un comitato organizzato congiuntamente dalla ESCMID (Società Europea di Microbiologia Clinica e Malattie Infettive), dall’ECDC (Centro europeo per la prevenzione e controllo delle malattie) e dai sei comitati nazionali attivi in passato. Ad oggi, i breakpoint clinici definiti da EUCAST sono gli unici ad essere ufficialmente riconosciuti dall’EMA (European Medicines Agency), organismo che autorizza l’immissione in commercio dei farmaci nei paesi dell’Unione Europea.
I laboratori di microbiologia italiani hanno adottato le linee guida EUCAST dal 2011 (in precedenza avevano adottato gli standard statunitensi del CLSI).
I rapporti e i documenti prodotti da EUCAST sono gratuiti e consultabili sul web da http://www.eucast.org.
I breakpoint clinici
I breakpoint clinici vengono stabiliti valutado diversi parametri: microbiologici, farmacologici (rapporto tra PK/PD e risposta al trattamento) e clinici (evidenze dalla letteratura).
I breakpoint sono usati per definire la categoria clinica di suscettibilità: il microrganismo può risultare sensibile (quando la crescita ceppo batterico è inibita in vitro da una concentrazione di antibiotico che è associata con un’alta probabilità di successo terapeutico), intermedio (probabilità incerta successo del trattamento), o resistente (elevata probabilità di fallimento terapeutico) ad una determinata molecola.
Per ogni combinazione organismo-antibiotico sono impostati due cut-off (in questo caso ci sono 3 categorie di interpretazione: sensibile, intermedio, resistente) o, semplicemente, un cut-off (stabilendo due categorie di interpretazione: suscettibile o resistente).
Lo scopo di stabilire dei breakpoint clinici è quello di valutare i valori di MIC per i quali possiamo separare i ceppi in cui vi è un’alta probabilità di successo del trattamento in vivo, da quelli il cui trattamento è più probabilmente fallimentare, a causa di un meccanismo di resistenza. Per questo motivo vengono definiti breakpoint “clinici”.
I breakpoint stabili da EUCAST sono spesso inferiori a quelli del CLSI, il che comporta una interpretazione più restrittiva della suscettibilità, fatta eccezione per i breakpoint relativi alla combinazione carbapenemi-enterobacteriaceae. I breakpoint EUCAST sono disponibili e consultabili gratuitamente, sia per il metodo Kirby-Bauer che per la micro-diluizione in brodo.
Il cut-off epidemiologico
EUCAST, a differenza del CLSI, ha definito il cut-off epidemiologico (ECOFF), che è il valore di MIC che divide i ceppi wild type (che non hanno meccanismi di resistenza acquisita e mutazioni) dalla popolazione di ceppi che ha sviluppato meccanismi di resistenza. I breakpoint epidemiologici sono importanti nella scelta degli antibiotici e dei loro dosaggi.
Spesso negli antibiogrammi ottenuti mediante metodi automatizzati la MIC viene presentata inferiore o uguale ad un valore di concentrazione testato, ma in alcuni casi, come ad esempio per gli enterobatteri e i chinoloni, è molto importante conoscere la MIC precisa. Nei casi in cui il cut-off epidemiologico è diverso dal breakpoint clinico, il poter conoscere con esattezza la MIC permette di capire se il germe ha già sviluppato una certa mutazione, e condiziona la scelta di una monoterapia.
I cambiamenti avvenuti sull’interpretazione della suscettibilità dell’antibiogramma
É importante sapere che le regole di refertazione degli antibiogrammi non sono immutabili nel tempo, ma cambiano in relazione, ad esempio, alla necessità di mettere in atto nuove strategie per limitare la diffusione delle resistenze, o sulla base di nuove evidenze riportate dalla letteratura.
Dal 2010, sono state apportate alcune modifiche nell’interpretazione della suscettibilità, soprattutto per i gram negativi.
Oltre alla riduzione del valore dei breakpoint per alcune specifiche combinazioni di microrganismi-antibiotici, sono state eliminate dalla refertazione alcune di queste, in quanto sono considerate inadeguate per quanto riguarda il trattamento (ad esempio perchè perché non vi è alcuna evidenza clinica), oppure il microrganismo risulta naturalmente resistente al farmaco.
Sia CLSI che EUCAST hanno deciso di modificare i breakpoint per quanto riguarda le oxymino-cefalosporine e gli enterobatteri. Inoltre, viene consigliato ai laboratori, nel caso di combinazioni con Enterobacteriaceae e cefalosporine o carbapenemici, di riportare i risultati delle MIC così come trovate (as found), a prescindere dalla possibile presenza di meccanismi di resistenza, e di non refertare più il meccanismo di resistenza deducibile, come nel caso di ESBL o carbapenemasi, tranne che per fini epidemiologici. Gli enterobatteri ESBL potranno quindi essere refertati come “sensibili” per alcune cefalosporine (invece che automaticamente come “resistenti”) e l’interpretazione della resistenza si dovrà allora basare sui breakpoint clinici, perchè non è più necessario verificare la presenza di un ESBL e conseguentemente modificare il risultato del referto, come avveniva in passato. Questo cambiamento è stato introdotto principalmente per limitare l’uso irresponsabile di carbapenemi, che è avvenuto negli ultimi decenni.
L’interpretazione dell’antibiogramma
L’interpretazione dell’antibiogramma è molto più che la semplice categorizzazione della suscettibilità di un microorganismo a vari antimicromici e dovrebbe prevedere un tentativo di interpretazione “fenotipica” dei meccanismi di resistenza che possono essersi sviluppati.
La lettura e la comprensione dell’antibiogramma, e quindi la sua interpretazione, si basa sul riconoscimento del possibile meccanismo che sta alla base della resistenza, che può essere esteso ai farmaci non testati (come ad esempio la presenza di stafilococchi oxacillina-resistenti determina la resistenza a tutti i beta-lattamici, tranne alcune nuove cefalosporine Ceftarolina o Ceftobiprolo).
É importante, nella pratica clinica, essere aggiornati sulla resistenza agli antibiotici, ed avere la possibilità di riconoscere i fenotipi eccezionali di resistenza, le resistenze naturali e le combinazioni di antibiotici-organismi per le quali c’è un’elevata probabilità di sviluppare una resistenza per mutazione semplice.
La correlazione tra i dati ottenuti in vitro (MIC o aloni di inibizione) e la reale efficacia clinica del farmaco dipende da un complesso di fattori, che comprende anche la capacità di tale farmaco di raggiungere concentrazioni adeguate nel sito di infezione. Per utilizzare correttamente di antibiotici, oltre alle caratteristiche di microbiologiche (suscettibilità del microrganismo, fenotipo di resistenza etc.), dovrebbero essere, infatti, considerate anche la farmacocinetica e la farmacodinamica di quel farmaco. Ad esempio, è molto importante conoscere l’attività batteriostatica (antibiotici che inibiscono la crescita) e l’attività battericida (antibiotici che uccidono i batteri); lo stesso farmaco può essere sia battericida che batteriostatico per germi diversi.
Il valore assoluto delle MIC riportato sugli antibiogrammi non può essere analizzato solo “verticalmente” tra i diversi farmaci testati, andando a scegliere, ad esempio, il valore di MIC minore.
Infatti, se vi è un antibiotico X con una MIC di 0,5 mg/l e il breakpoint clinico è 2 mg/l, e un antibiotico Y con una MIC di 2 mg/l ma ha un breakpoint di 16 mg/l, il farmaco con una MIC più favorevole è l’antibiotico Y. Questo rapporto, questa “distanza” tra la MIC e il breakpoint, è molto importante nella scelta della terapia e sarebbe utile avere i valori di breakpoint clinici sugli antibiogrammi (non tutti i laboratori li riportano durante la refertazione).
I breakpoint clinici sono consultabili e scaricabili dal sito http://www.eucast.org
Riferimenti bibliografici:
– EUCAST European Committee for antimicrobial Susceptibility Testing. URL: http://www.eucast.org.
– Clinical and laboratory Standards Institute. Performance standards for antimicrobial susceptibility testing: nineteenth informational supplement. Document M-100-S19. Wayne PA: CLSI 2010.
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